Chávez, Néstor Kirchner (anche lui morto nel suo miglior momento di lucidità politica) ed Evo Morales nel 2005 a Mar del Plata dissero No agli USA sconfiggendo il disegno di Bush che voleva trasformare l’America Latina in uno strumento al servizio della competizione globale contro la Cina, dimostrarono al mondo che i popoli possono ragionare con la propria testa e non essere divorati da quel modello economico che sta divorando il sud Europa.
Definita "dittatura populista", dalla disinformazione dei media di regime che tendono a rappresentare Chavéz in modo caricaturale, è stata, al contrario della politica “democratica e di pace”, in grado di distribuire pane e diritti a tutti facendo la cosa più semplice del mondo “prendere la ricchezza del suo Paese, il petrolio, nelle mani di pochi, e distribuirla” affrancando il suo popolo e riducendo le disuguaglianze sociali semplicemente controllando e nazionalizzando la compagnia petrolifera: in tal modo ha garantito politiche sociali per tutti.
Il sistema sanitario eccellente, investimenti per la ricerca, la scuola ottima. Solo pochi intellettuali oggi hanno il coraggio ma soprattutto l’onestà di riconoscere che Chavéz, l’umile ragazzo di periferia, ha incarnato quello che ciascun politico dovrebbe fare “essere dalla parte degli umili e rifiutare ogni forma di colonialismo e imperialismo" per non diventare o continuare ad essere gli ultimi i "dannati della Terra".
Oggi Chavéz è morto e si profila il pericolo del «Washington consensus», di diatribe interne e spaccature, ma c’è la sua eredità e un patrimonio lasciato a tutti i popoli della terra.
Hasta la Victoria Comandante.
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