giovedì 10 ottobre 2013

Governo alf-etta: tanto non cambia niente


Il governo Alf-etta (alfano-letta) è salvo, e puntuali sono tornati i cori "Berlusconi vergogna"? Di Berlusconi dovremmo vergognarci??? Di un personaggio ormai alla frutta? C'è ben altro di cui vergognarsi!!! 

Vergogna perchè tutti i partiti di potere governano abbracciati, distinguendosi solo dal loro nome; una melma mista di gente priva di ideali, di macchiette che seguendo i diktat della Troika (Fondo monetario internazionale + Commissione  europea + BCE) ci sta riducendo come la Grecia. 

Vergogna perché a capo del governo dobbiamo avere un burattino, messo lì solo perché "così volevano i mercati" (cioè pochi speculatori e capitalisti mondiali), che deve andare regolarmente a new york o a washington per "riferire" dei "risultati raggiunti"; come se l'Italia fosse uno scolaretto ripetente a cui la "grande democrazia americana" deve dare pagelle immischiandosi nei nostri affari interni. 

Vergogna per il solito trasformismo all'italiana: personaggi come alfano, quagliariello, frattini, cicchitto, già si erano mostrati entusiasti "nuovo corso" di Monti, e sensibili ai "moniti" di ambasciatori americani e della NATO, e ora voltano le spalle all'uomo al quale devono la carriera, per difendere a tutti i costi il governo delle tasse nel quale hanno una poltrona o sperano di averla. A quando la candidatura di questi ex-galoppini a grandi statisti? 

Vergogna perché la nostra informazione, tutta schierata col governo, è complice e silente, e cerca di convincerci che "le reazioni delle borse" contano più della volontà popolare (vedi NO TAV). Un informazione che censura l'unica vera opposizione dei 5 stelle; e vergogna i 5 stelle che saranno puniti dai cittadini se continuano a stare rintanati nel palazzo a occuparsi di sciocchezze (vedi i rimborsi elettorali) invece di tornare sul territorio  

Vergogna perché anche se questo governo cadesse non ci sarebbe nessun soggetto politico in grado di unire il popolo sottomesso, sostituire i partiti marci e portare fuori il paese dalla dittatura della grande finanza.

Pasquino

... Per tornare ad essere educatori

So di essere controcorrente affermando che l’autonomia scolastica ha delegittimano la funzione scuola trasformandola in un appetitoso banchetto per i mercanti della (d)istruzione pubblica, sono refrattaria ai modelli precostruiti dei quiz e all’appiattimento delle valutazioni di massa, mi fanno inorridire le nuove pedagogie ipertecnologiche e super informatizzate, che allontanano i nostri fanciulli dalla dimensione umana della percezione del proprio corpo e di quello degli altri, eliminando di fatto lo spazio del sano gioco libero, concedendo loro una fantomatica prefabbricata ora di educazione fisica, per lo più con tanto di compito scritto e lezione orale... Ancor di più trovo ripugnante la meritocrazia e il principio di competizione introdotti in alternativa alla solidarietà tra pari, concetto ormai svuotato di senso super abusato e tanto ridicolizzato. 

Sono queste solo valutazioni di una insegnante che potrebbe avere perso il senso della modernità che tanto piace agli avanzati pedo-imprenditori e operatori economici che intravedono nella scuola e, più in generale, nel settore della conoscenza un vivaio per futuri “lavoratori”, ma che personalmente considero la legittimazione della cultura dello sfruttamento legalizzato partendo dal settore più elevato della conoscenza quello della ricerca. Con la riforma Berlinguer-Zecchino, per esempio, il contrattista universitario rappresenta un esercito di lavoratori sottopagati, un esercito che annovera,secondo i dati della Flc- CGIL, 42.649 membri. Per chiarezza va detto che i docenti esterni universitari si distinguono in liberi professionisti (Santoro o Toselli per intenderci) che lavorano senza problemi di guadagno, e lavoratori precari, che si prestano in cambio della retribuzione simbolica di 1 euro, ma con l e stesse responsabilità legali di un ordinario. 
Quest’ultima categoria, grazie ai tagli Gelmini-Tremonti (1,4 miliardi di euro), è la ragione per cui ancora rimangono in piedi gli Atenei. Pochi contrattisti potranno sperare in un accesso lavorativo nell’ ambito della ricerca, soprattutto potranno ben sperare coloro che rientrano nelle cordate familiari o politiche (!), perla maggior parte, inseriti nella tersa fascia di insegnamento nelle scuole secondarie ormai cinquantenni e oltre, non resta che sperare nell’ ingaggio dei presidi ogni anno, tanto per poter sbarcar il lunario. Questa situazione, che ha eliminato ogni residuo di dignità umana e professionale, si inserisce a pieno titolo nel processo di gerarchizzazione, valutazione, competitività, sussidiarietà, modernizzazione, privatizzazione, regionalizzazione che contraddistingue ormai da decenni il settore della conoscenza a tutti i livelli. Sottomesso agli interessi economici dei poteri forti e delle lobbies politiche che vogliono rendere scuola e Università statale i luoghi in cui imparare a produrre, consumare e obbedire e sfruttare si umiliano gli insegnati abbacinati dal miraggio di un lavoro sempre più precario e sottopagato , costringendoli a sottomettere il loro pensare critico e il loro bagaglio di conoscenze a un sistema educativo “modernizzato", adattato ai bisogni del mercato imposti dal sistema economico capitalista e, quindi, per sua natura flessibile, instabile e competitivo. 

A voler semplificare ciò che è molto complicato riesco solo individuare quelli che a mio modesto parere sono i due fondamentali elementi corrosivi di quello che fu il nostro sistema scolastico : la forte deregolamentazione e il principio di sussidiarietà, il primo, che rende i sistemi educativi sempre più autonomi e sempre più decentrati, in realtà non è che il prodotto dei processi economici internazionali decisi dalla Troika - Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea - che determinano la direzione dei flussi dei finanziamenti, la cui troppa corruzione italiana impedisce persino di spenderli bene. Il secondo problema riguarda la sussidiarietà per cui lo Stato trova nell'intervento delle Regioni una sorta di supplenza al proprio mandato costituzionale secondo il quale dovrebbe, invece, garantire ai cittadini su tutto il territorio nazionale una comune istruzione culturale a prescindere dal luogo di residenza, al contrario; oggi luogo di nascita, sesso e ceto sociale tornano ad essere i fattori determinanti dello sviluppo di ogni singolo essere umano.

Per tornare ad essere educatori si dovrebbe operare contro la balcanizzazione del sistema formativo e garantire ai cittadini su tutto il territorio nazionale una comune istruzione culturale a prescindere dal luogo di residenza contrastando una scuola funzionale esclusivamente alla formazione dei lavoratori di domani costretti a un ingresso precoce nel mondo del lavoro da minorenni apprendisti non retribuiti e sfruttati ancora prima di concludere il proprio percorso di istruzione culturale. 

Adele Dentice

Almeno c'erano delle speranze

Non c’era materiale, né soldi, solo molta inesperienza e la speranza di farcela. Negli anni trascorsi nelle scuole di periferia, in prima linea c’erano, comunque, grandi soddisfazioni con quei ragazzi così difficili che eludevano qualunque sorveglianza. In ogni caso c’era sempre la speranza di farcela. A distanza di anni in situazioni forse più tranquille rimango sconcertata dalla difficoltà di questi giovani studenti quando si tratta di voler problematizzare la realtà inghiottiti dal consumismo preferiscono imparare a memoria emulando i docenti anch’essi irrigiditi nel loro pensiero, sono stati imprigionati i nostri giovani da una quantità impressionante di cose che appartengono agli adulti sono stati privati degli spazi del gioco e della fantasia. E allora mi chiedo come sarà mai possibile costruire una scuola che dia spazio all’originalità, al pensiero critico? Come sarà mai possibile pensare ad un futuro se la competizione e il merito hanno sostituito il confronto, la collaborazione? Sono valori questi che hanno tempi distesi che richiedono ascolto, fiducia ma stridono con l’idea del mondo globalizzato, massificato e veloce dove ciò che oggi è verità domani ha non più senso, ciò che rimane di concreto è solo l’incertezza. La nostra scuola si è liquefatta all’interno di una povertà assoluta non solo economica e culturale, è la proiezione di un mondo in cui viviamo che ha una fisionomia confusa, effimera. 

Si è spento ciò che di rivoluzionario appariva negli anni ’70, l’abbattimento dei modelli prefabbricati, si è trasformato in tendenze “pedagogiche” prive di riflessione, introduzione di nuove tecniche o nuovi strumenti, ma, per cambiare, c’è bisogno di pensiero, di ricerca del senso sul perché fare delle cose e, soprattutto, scoprire la varietà delle discipline nascoste nelle azioni abituali. Una molteplicità di idee e situazioni che un tempo era ricchezza ed oggi è considerata un intoppo all’organizzazione del tempo e dello spazio miserevolmente sostituita dalla mancanza di confronto. Così gli insegnati si dibattono tra iperattivismo o lassismo, il rigore degli orari annulla ogni spazio sociale e libero e la scuola è sempre più sola nonostante l’approccio interdisciplinare, così sbandierato. Lo spazio pensato per gli studenti in realtà altro non è che una rigida divisione di ambienti privo di calore, come i numerosi laboratori o i progetti di accoglienza o integrazione e così via che stigmatizzano l’enorme distacco tra gli alunni, le famiglie, la scuola. Isolamento e individualismo questo è il triste risultato di una crisi globale che si è abbattuta anche sul mondo della conoscenza e della formazione eppure in tempi di crisi sociale e culturale, si amplifica l’importanza del’educazione come risorsa, ma è un miraggio allo stato attuale siamo incatenati all’inarrestabile deriva globale neoliberista, che considera scuole e università irrinunciabili palestre di sperimentazione delle sue politiche economiche.

Adele Dentice

martedì 8 ottobre 2013

sistema Puglia: sprechi sanitari e politici incoscienti

Quando ci si avvicina per necessità a una qualsiasi struttura ospedaliera in Puglia il primo pensiero che viene in mente  è di dover confrontarsi con la desertificazione sanitaria causata sicuramente dal disastro politico, senza però sottovalutare  la leggerezza con cui le istituzioni hanno fronteggiato negli anni il processo corruttivo sostenuto da  una mentalità diffusa di tolleranza agli intrallazzi. Eppure non più di un anno fa, dopo i mega scandali, ormai sopiti e rientrati, eravamo stati rassicurati dalle parole speranzose del Governatore della Regione Puglia e dell'assessore Attolini:
In tutte le città  -  ha detto Vendola nel 2012 -  noi dobbiamo continuare a implementare la rete dei servizi socio-assistenziali territoriali. I vecchi piccoli ospedali si stanno trasformando in contenitori di servizi nei confronti dei cittadini, in luoghi utili per diventare case della salute, in poliambulatori e consultori. Oggi, invece, presentiamo con un finanziamento previsto di 522 milioni di euro cinque nuovi ospedali, che insieme all'ospedale della Murgia e insieme a tutte le strutture che stanno sorgendo da una importante attività, che è anche attività edilizia, definiscono una rete ospedaliera evoluta, moderna e di grande qualità". 
“Noi - ha spiegato Attolini - avevamo un ospedale ogni 2,5 comuni, con un tasso di ospedalizzazione tra i più alti d'Italia e una percentuale di ricoveri inappropriati: nel 2010 era del49%. Su 102 ospedali, solo 11 coprivano il 50% del totale dei ricoveri. E i 19 ospedali riconvertiti garantivano solo il 3% dell'offerta". Attolini ha infine ricordato che, "con la chiusura della prima fase del Piano di rientro e il taglio di 1.400 posti letto, si sono ridotti del 13% i ricoveri inappropriati e il tasso di ospedalizzazione è sceso a 200 da 218, rispetto a quello medio nazionale che è dei 180".
Queste sono state le conferme forniteci nel 2012, allo stato attuale,però la rete dei servizi socio-assistenziali sembra essere divenuta inesistente, non solo  ma dei piccoli ospedaletti , che sprecavano denaro pubblico, per cui andavano trasformati in luoghi utili per la salute dei cittadini e poliambulatori, non se ne vede l’ombra. Anzi  l’unica certezza sono le disumane distanze tra un centro ospedaliero e l’altro per cui un incidente o un malore, che potrebbe sopravvenire in piena estate in una strada ad alto scorrimento come la 16 bis , vedrebbe e vede il malcapitato costretto a vagare per chilometri e spesso rimanere bloccato nell’ intasatissimo traffico costiero prima di poter sperare di  giungere in un qualsiasi pronto soccorso della zona a Bari o a Carbonara (parliamo di un raggio di oltre 40 chilometri), con il rischio serio di vedere compromessa non solo la sua salute ma la propria vita.
E’ sotto gli occhi di tutti la caduta libera nei servizi sanitari pugliesi, che sicuramente ci pone agli ultimi posti nel mondo,  e non è un caso che giornali e tv ne cominciano a parlare  ma sembra che  nessuno, per lo meno pochissimi, parli delle spese per gli investimenti strutturali  su ospedali che vengono poi chiusi tipo Triggiano, Mola, Putignano, Gioia del Colle, Monopoli.
Oppure Ospedali non terminati come quello della Murgia iniziato anni 90 (Previsti 60 miliardi di lire). Attualmente si parla di 200 milioni di euro compresi  i 25 milioni per gli arredi. Senza parlare poi dei cantieri infiniti del Di Venere con finanziamenti di 52 milioni di euro e il Policlinico di Bari, erano fondi europei previsti dall’accordo di programma del 2004 che prevedeva per la Puglia  la realizzazione di 41 interventi prioritari per la riqualificazione della rete ospedaliera  e territoriale, fondi che andavano necessariamente “appaltati”, e manco a dirlo tra i 41 interventi c’è anche il Di Venere che si ritrova così straordinarie  sale chirurgiche di ultima generazione e ambienti alla moda  vuoti !
Non sembra nemmeno un problema l’ingolfamento delle grandi strutture ospedaliere dellelunghe attese che impone la burocrazia e l’interesse di quei politici che portano avanti azioni di risposta veicolate sembra più a un proprio tornaconto elettorale, che a porre freno alla dissennata politica sanitaria di questo sventurato territorio.
Sempre sull’onda del risparmio e delle promesse mancate ci si dimentica di informare i cittadini che non ci sono soldi per l'assistenza domiciliare e fisioterapia per via dei  tagli alle prestazionie  dei milioni euro tolti alla ASL Ba 4, per la stessa ragione  non ci sono soldi per il 118 con mancata stabilizzazione del personale, assenza elisoccorso con pagliacciata della collocazione degli elicotteri a Foggia ed una pista su Asclepios non utilizzabile per grosse macchine, oltre all’abolizione delle piste nel Di Venere e S.Paolo (Bari). Va ricordato che la Puglia è una regione lunghissima per cui un intervento urgente che richiede l'utilizzo di un elicottero a Santa Maria di Leuca (estrema punta della regione) può diventare superfluo.
Sarebbero queste ultime indispensabili per gli interventi di pronto soccorso lì dove i punti di primo intervento sono inefficienti, dal momento che la decisione della Asl ha ridotto l’orario al solo turno diurno in aperta contraddizione con il  B.U.R.P n.6 del 12 Gennaio 2010 che si rifà all'art. 94 del prefato ACN prevede al comma 1 che l'attività del servizio 118 si esplica nell'arco delle 24 ore.
A rigor di logica si deduce che  la Asl Bari non può chiudere nelle ore notturne perchè tale compito spetta alla Regione e soprattutto perchè il 118 opera h 24.
Alle domande infuocate di operatori sanitari e semplici cittadini le giustificazioni sfiorano il ridicolo  surreale, se non ci fossero di mezzo vite umane “a Mola di Bari, è stato risposto, così come a Polignano o a Ruvo di Puglia ecc,  la notte ci sono pochi accessi!!!”
Se  in estate questi comuni veleggiano sull'ordine dei 60.000 abitanti e più... come può una regione che si vuol porre all'avanguardia garantire un efficace servizio di tutela sanitaria con questi numeri? e dove sono i poliambulatori territoriali? e lo snellimento dei ricoveri inappropriati come si si combinano con le  lunghissime file nei pronto soccorso, con la disperazione degli ammalati e dei familiari e con i pochissimi che denunciano, e i molti  stanchi o speranzosi che "almeno noi speriamo di cavarcela?"
di Adele Dentice