martedì 12 novembre 2013

La truffa del debito pubblico

L'enorme debito pubblico italiano non è dovuto, come si crede, alla spesa pubblica incontrollata e agli "sprechi" della classe politica. Ma al "divorzio" tra la Banca d'Italia e il Tesoro avvenuto nel 1981. A partire da quell'anno, su decisione di Beniamino Andreatta (allora ministro del Tesoro) e Carlo Azeglio Ciampi, la Banca d’Italia per legge ha cessato di acquistare titoli di Stato. Che significa? Che per finanziare la sua spesa il tesoro dovette offrire questi titoli in pasto, con interessi crescenti, prima al mercato interno, e poi alla speculazione finanziaria mondiale. Ecco perché tra gli anni ’80 e ’90 il debito salì alle stelle, e passò dal 57,7% sul Pil (1980) al 124,3% (1994).

Tale crescita non fu dovuta a un'impennata della spesa dello Stato, che rimase sempre al di sotto della media Ue e dell’eurozona. Infatti, nel 1984 l’Italia spendeva – al netto degli interessi sul debito – il 42,1% del Pil, nel 1994 appena il 42,9%. Nello stesso periodo la media Ue (Italia esclusa) passò dal 45,5% al 46,6% e quella dell’eurozona dal 46,7 al 47,7. 

Da dove derivava la maggior crescita del debito? Dalla spesa per pagare gli interessi sul debito pubblico, molto più alta che in altri Paesi: in Italia crebbe dall’8% del Pil nel 1984 all’11,4%, rispetto alla media Ue che passò dal 4,1% al 4,4% (quella dell’Eurozona dal 3,5% al 4,4%). Nel 1993 il divario tra i tassi d’interesse fu addirittura triplo (il 13% in Italia, contro il 4,4% della zona euro e il 4,3 della Ue). Visto che l’entità dei tassi d’interesse sui titoli di Stato, ovvero quanto lo Stato paga per avere un prestito, dipende dalla domanda dei titoli stessi, l’eliminazione di una componente importante della domanda, quale è la Banca d’Italia, ha fatto schizzare verso l’alto gli interessi e, quindi, esplodere il debito totale.
Per questo, l'Italia è rimasta esposta alle manovre speculative degli "investitori internazionali" (accadde già nel '92, con attacchi speculativi alla lira), e si è indebitata, verso i gruppi bancari e finanziari internazionali (altro che casta e sprechi!). La presunta "necessità di risanare il bilancio pubblico" è la leva per esigere il pagamento dei loro interessi imponendoci di ridurre i salari, aumentare le tasse, e distruggere il welfare (pensioni, spesa sanitaria, per l'istruzione, per i servizi). Quello che hanno fatto tutti i governi dal 1992 fino a oggi (con Monti e Letta), eseguendo gli ordini della grande finanza.

lunedì 4 novembre 2013

Da Bari un buon esempio di "prevenzione"

Si legge nell’ ultima ordinanza del sindaco di Bari, dott. Michele  Emiliano “sostare prolungatamente in gruppo, con atteggiamento di sfida, presidio o di vedetta, tale da impedire la piena fruibilità della piazza agli altri cittadini ed ai turisti; tale condotta di pericolo per la sicurezza urbana è tanto più lesiva dell'interesse pubblico, in quanto reiterata ovvero posta in essere da parte di soggetti con precedenti penali, assoggettati a misure di prevenzione e comunque in stabile comprovato collegamento con soggetti appartenenti alle suddette categorie di persone”. 
Per fare prevenzione, quindi, non resta che cavalcare il senso comune delle persone che preferiscono sentirsi dare comunque delle soluzioni con le quali si cerca di rassicurare la cittadinanza su questioni complesse che prevederebbero, a rigor di logica,azioni complesse e analisi dei fenomeni accurate e periodiche. Il provvedimento è stato varato in seguito a lamentele di comitati di cittadini per arginare la violenza dilagante nella città,  mi auguro che costoro  avessero un’idea diversa dalla inutile repressione; tra l’altro ci sarebbe da chiarire   quali sono gli atteggiamenti di sfida o di vendetta  sicuri che anticiperebbero   una feroce rissa e poi le  forze dell’ordine, per arginare questi fenomeni ,  oltre a stazionare  nei punti caldi come i giardini, dovrebbero rifarsi  al caso per anticipare le aggressioni o potrebbero fare ricorso a  ronde di cittadini? vecchia idea risalente a qualche anno fa che potrebbe, perché no, riaffiorare. Quindi no ai raggruppamenti e si alle ronde, in fin dei conti una soluzione semplice e certamente meno impegnativa del potenziamento  dei servizi sociali o magari di una rete preventiva interistituzionali, demolendo il progettificio dilagante mangiasoldi utile solo ad illuminare momentaneamente  la scena  del solito politico tutore e protettore.
Se i cittadini non si sentono più difesi dalle forze dell’ordine, che hanno poche risorse umane e di mezzi, la risposta non è da ricercare in  azioni repressive generiche, che ci ricordano qualcosa che avremmo voluto dimenticare, ma nel chiedersi le ragioni della crisi sociale che si annida nelle fasce deboli della popolazione e in quel mondo giovanile anello debole di un sistema che ha sostituito il valore della solidarietà con la violenza e il sopruso.
I ripetuti atti di violenza, che sempre più spesso si registrano nelle scuole o nelle strade della città di Bari, non sono disgiunti dai fenomeni di prostitute bambine, o dal  linciaggio morale verso gli omosessuali inducendoli al suicidio,  rappresentano il richiamo di chi, non avendo un’ identità, assume come modelli la prevaricazione e la competizione sleale. Il bisogno fisiologico di esternare la propria personalità attaccando l’altro viene rinforzato quotidianamente dai icone imposte dalla società globalizzata che moltiplica le ingiustizie e propone progetti di vita trasgressivi o la corruzione come fattore vincente nella corsa al denaro o al potere. Ma la crisi giovanile e il disagio maturano prevalentemente all’interno delle famiglie, dove le scelte instabili e gli errori educativi, in primo piano la soddisfazione dei bisogni materiali in sostituzione di un ascolto distratto o inesistente, delineano un modello genitoriale privo di autorevolezza, il genitore adolescente che non sa interpretare il suo ruolo spinge il figlio a cercare altrove esempi su cui costruire la propria individualità.
Incerti, confusi, sbagliati, sono i nostri ragazzi e il mondo adulto guarda con sgomento la degenerazione  in cui versa il loro universo, ma i  giovani violenti o apatici o degenerati, come i loro genitori eterni adolescenti, sono il prodotto della degradazione degli stili di vita sbagliati che la società dei consumi ha imposto e non sarà certamente la multa o l’arresto per via di uno sguardo truce ad arginare il fenomeno, soprattutto se vengono offerti modelli discutibili, come  il gioco d’azzardo ormai capillarmente diffuso in città e nel nostro Paese, legittimati dagli occhi comprensivi di una politica che risponde a fenomeni complessi con provvedimenti indifferenziati , mostrando ancora una volta di non sapere svolgere in modo appropriato il ruolo di rappresentanza degli interessi sociali. Non c’è quindi da meravigliarsi più di tanto se nelle nostre strade compare sempre più spesso  il gioco crudele della competizione, delle lotte tra bande armate che  trovano adepti nelle scuole sempre più allo sbando, ma ciò che terrorizza è l’indifferenza di una società che ha fatto toccare livelli di alienazione e asocialità sempre più estremi. 
Viviamo in un’epoca di spietata giovinezza generalizzata senza ruoli definiti dove la Legge non è più riconosciuta ed emergono devianze che vanno dalla più smodata aggressività , a comportamenti asociali , alle tossicodipendenze che sorprendono i familiari ancora legati all’immagine infantile di figli, ormai, così poco fanciulli!