mercoledì 19 marzo 2014

ciò che resta della Primavera......

Così si chiude il decennale regno del sindaco barese; un'avventura che iniziò nel lontano 13 giugno 2004, con sfolgoranti speranze di cambiamento , oggi a guardarsi intorno ciò che resta della primavera si riflette su una città intristita e cupa.
La memoria ci consegna le spinte innovative di quegli anni come il motivatore Roberto Lorusso che al costo di quasi 100.000 euro per dodici mesi, doveva rallegrare consiglieri e assessori affinchè si formasse una squadra coesa e si potesse pensare alla grande, come l'ambizioso Piano Strategico, rimasto diligentemente chiuso negli armadi del Comune, la cui grandezza si è condensata nei mega compensi elargiti ai componenti dello staff, ricorderemo anche i 400.000 euro delle fontanelle sputa acqua piazzate davanti a Pane e Pomodoro, che ci hanno “donato” la loro leggiadra visione singhiozzante, finché il mare non le ha inghiottite,definitivamente ,insieme ai nostri soldi.
Vogliamo poi non pensare alla rinascita culturale partendo dalla incontestabile fioritura del Teatro Petruzzelli? La Fondazione lirico-sinfonica, commissariata dopo l’addio del sindaco Michele Emiliano per lo scandalo assunzioni e buco di bilancio (2 milioni di euro di perdite nel 2011, poi 63mila euro di attivo nel preconsuntivo 2012), e perché dimenticare la chiusura vergognosa del Kursaal Santalucia bloccato dai ricorsi contro la Regione che l’ha preso a poco più di 2 milioni (diritto di prelazione, ma 4,5 euro in meno dell’offerta di Stefano Zorzi)
E poi c'è la crisi spending review e il patto di stabilità interno che solo nel 2012 ha fatto chiudere a Bari 705 , a fronte di 510 nuove aperture, il saldo negativo è quasi raddoppiato rispetto a due anni fa (553 aperture e 663 chiusure). Ma ecco in campagna elettorale si è annunciato il nuovo look alla “via dello shopping” con 4,6 milioni di euro (fondi del “Piano Città” del ministero delle Infrastrutture) e un totale di 2 milioni di euro a chi investe in aree di degrado urbano, cioè fuori dalla zona.
Ma il fiore all'occhiello del'amministrazione Emiliano è stato senza dubbio l'abbattimento dell'ecomostro di Punta Perotti, a cui doveva seguire una delibera che avrebbe reso inedificabile quella zona in quanto area sensibile dal punto di vista ambientale, a cui si accompagnano lame, quasi del tutto deturpate dalla barbarie edilizia, coste e strade panoramiche
Sono passati 10 anni e il provvedimento approvato nel 2013 dalla giunta per un anno è stato in attesa di delibera del consiglio comunale. La storia val la pena ricordarla: i suoli sono di proprietà dei Matarrese che, con l'altra famiglia di costruttori Andidero, mal gradiscono la procedura di inedificabilità di quella porzione di suolo , così hanno presentato un nuovo piano di lottizzazione, che si “accorderebbe” con la tuela del paesaggio. Una decisione difficile da prendere soprattutto in fase di preeelezioni e lo stesso sindaco ha cercato di far slittare l'approvazione della variante. Così dopo la solita bagarre e l'impossibilità di andare al voto la seduta è stata rinviata al giorno successivo tempo necessario per salvare “capro e cavoli” componendo l’emendamento 3, il quale dispone che «per il miglioramento delle condizioni urbanistiche e ambientali» sono ammessi «gli interventi previsti da programmi integrati di rigenerazione urbana». In sostanza, la zona inedificabile di Punta Perotti, su cui il sindaco di Bari ha costruito le sue campagne elettorali, potrà essere edificata a patto che le costruzioni siano proposte nell’ambito del piano di rigenerazione urbana, con buona pace di chi ha creduto alla primavera ... e del partito del mattone che vedrà allargare le aree per le ruspe

domenica 16 marzo 2014

I veleni del giovin signore


L’ex sindaco di Firenze, sullo stile dei venditori di pentole, ci propina tra un lazzo e un guizzo l’eliminazione dello Statuto dei Lavoratori senza utilizzare leggi o decreti ma informandoci, o confondendoci, solo tramite slide.
Tutto parte dal suo cavallo di battaglia le mille euro all’anno ai più poveri, senza sottolineare che il provvedimento è una tantum, ma soprattutto, nelle missive informative personali, a carico del contribuente, del demagogico provvedimento non viene sottolineato che, grazie a questo regalo, i lavoratori verranno ulteriormente penalizzati allungando il periodo di prova da tre mesi a tre anni, quindi basta non aver superato il periodo prefissato e si può essere licenziati comodamente e senza rischi per i datori di lavoro… dando definitivamente l’addio ad articolo 18, Statuto dei lavoratori e diritti costituzionali...
I doni non finiscono qui, il signor Cottarelli, uomo di fiducia del Fondo Monetario Internazionale, ha elaborato su incarico di Renzi, una ricetta ricostruttiva per l’Italia, cioè un taglio di 5 miliardi per il 2014 e di altri 32 per i prossimi tre anni, una scure che si abbatterà sugli appalti pubblici: prepariamoci quindi alla riduzione delle prestazioni ai cittadini e, soprattutto, riduzioni di personale e del costo del lavoro, drastici tagli ai salari per chi rimane e, ovviamente l’addio ai contratti. La Scuola ci ha insegnato che i lavoratori riescono a non difendere se stessi, basta pensare che dal 1995  docenti e ATA sono lasciati  a stipendio base a vita, infatti non si possono avere aumenti superiori all’inflazione programmata dal nostro datore di lavoro, cioè il Ministro… inutile quindi parlare più di contrattazione (D/ 29/93) sono previste solo mance per meriti mai stabiliti e nessun aumento per i pensionati!!
Ma i veleni del giovin signore non terminano qui, sconcertante è la risposta al piano abitativo il cosiddetto “piano casa” formulato in stretta collaborazione con il ministro Lupi  consistente nell’assoluto divieto a concedere le residenze e gli allacci delle utenze negli spazi abitativi occupati “abusivamente”. Quindi coloro che sono privati del diritto all’abitazione verranno sommersi da sgomberi e misure cautelari a beneficio di banche e costruttori. 
Siamo in crisi e bisogna risparmiare e ci starei pure se i nostri soldi andassero a finire realmente a tutela dei più sventurati e non, come appare oltre il pietismo di facciata, direzionati altrove in risposta delle esigenze delle  confcooperative dell’edilizia agevolata, degli istituti di credito e dei signori del mattone vere dinastie imperanti sui territori.

sabato 15 marzo 2014

La scuola mercato

La scuola mercato

Siamo noi docenti il vero flagello della scuola italiana privati
della professionalità, stretti dallo stato di insoddisfazione,
demotivazione e avvilimento, una categoria di lavoratori abbandonata a
se stessa che recita una commedia priva di spettatori. Siamo stati,
negli anni passati,  responsabili  dell’opinione superficiale e
mutevole della grande massa dei cittadini sulle complesse funzioni di
governo e della politica, siamo stati strumenti  di condizionamento
mentale di quella antica pratica che assegna il ruolo politico a chi
meglio sa cogliere e mitigare gli umori della gente, ruoli dai quali
siamo stati estromessi poichè molto meglio e con maggiore minuziosità
lo svolgono  i  media e i più accreditati detentori dell’alta
formazione universitaria fritta, ospiti fissi del circo
mediatico. Attualmente al  corpo docente svuotato della propria funzione
educativa e formativa non resta, nel prossimo immediato futuro,  che
fungere da  manovalanza, tramutare le proprie componenti in operatori
e assistenti di una scuola informatizzata che diffonde “saperi”
strutturati e incanalati in percorsi funzionali al sistema, puniti
perchè gli insegnanti hanno mostrato  «un'insufficiente comprensione
della realtà economica, degli affari e della nozione di profitto», in
particolare i professori di scienze cosi dette umane concentrati com'
erano a perdersi tra gli inutili  sproloqui dei vari Dante, Leopardi o
Montale o peggio ancora nei labirintici circuiti del pensiero
filosofico, carta straccia, perdita di tempo, l a conclusione che si
impone è quella che  industrie e istituti scolastici e universitari
devono lavorare «congiuntamente per lo sviluppo di programmi di
insegnamento», in particolare con il ricorso al «teleapprendimento»,
al «teleinsegnamento» e alla messa a punto di «Software didattici»
(per l'apprendimento attraverso il computer). ). "L'insegnamento a
distanza (...), è particolarmente utile (...) per assicurare un
insegnamento e una formazione redditizi (...). Un insegnamento di
elevata qualità può essere così concepito e prodotto in una sede
centrale, per essere quindi diffuso ai livelli locali, con la
possibilità di fruire di economie di scala” (indicazioni  della
Commissione Europea Il 7 marzo 1990)
La scuola del futuro, dopo aver eliminato o ridotto al minimo ogni
forma di umanità ormai inessenziale, sarà uno schermo e con tante
postazioni e qualcuno che sorvegli che le giovani menti vengano
insaccate di contenuti virtuali prestabiliti e preconfezionati,
bloccando ogni  minimo accenno di pensiero critico e creativo; gli
insegnanti residuali si occuperanno della popolazione "non
redditizia", per intenderci  le scuole di periferia nei sobborghi
delle grandi città e nel sud, mentre ai migliori servi, trasformati in
collaborazionisti, verrà concessa la direzione di una mega scuola
pollaio che elargirà ai propri vassalli la soddisfazione del ruoletto
di tutor o esperto esterno per racimolare (se gli va bene) qualche
soldino, immediatamente prosciugato dalle trattenute e dalla crisi
imperante. Questa è l’evoluzione  della scuola dell’autonomia
preconizzata dal ex-ministro Berlinguer , il distruttore, la
cosiddetta scuola democratica che mescola l’autoritarismo dei presidi
alle tessere sindacali più rappresentative, che svia il concetto di
serietà e merito, contrabbandandolo come derivazione fascio-destrorsa,
sostituendolo  con il facilismo buonista di sinistra deleterio e
distruttivo , legittimando di fatto la classificazione di scuole
d’elite o diplomifici , di solito scuole di periferia e scuole
private,  distorcendo  il messaggio di Don Milani che per gli ultimi
sognava una scuola seria e per tutti, facendolo diventare l’emblema
del cattocomunismo italiano e del suo populismo irrefrenabile. Senza che
ce ne accorgessimo siamo giunti tramite  il processo di
democratizzazione  e di smantellamento della Riforma Gentile,
altamente meritocratica, ad  una scuola ridicolarmente  classista che
ci propinano come seria e meritocratica attraverso il “controllo”
dell’ente non meglio identificato OCSE e delle prove INVALSI, che
oltre ad essere pericolosamente invasive sono grottesche e poco
scientificamente  credibili , a cosa servono quindi? Semplicemente
sono il “giusto” strumento di ristrutturazione della scuola, messa
definitivamente sotto ricatto poiché legherà alla valutazione il
sistema di finanziamento alle scuole pubbliche, statali e private,
nel senso che per poter accedere e non venire soppresse  i saperi
diffusi nei vari istituti attraverso le farse dei curricula dovranno
rispondere ai criteri  dell'apprendimento aperto e a distanza  per
rimanere competitivi sul mercato global. “L'istruzione deve essere
considerata come un servizio reso (...) al mondo economico. (...) I
governi nazionali dovrebbero vedere l'istruzione come un processo
esteso dalla culla fino alla tomba (...). Istruzione significa
apprendere, non ricevere un insegnamento (...) Non abbiamo tempo da
perdere". (Bruxelles 26 maggio 1994 , in occasione del G7 da una
relazione della ERT).
Purtroppo le mie non sono proiezioni, i modelli americani in cui
pochi godono di un sistema scolastico e sanitario eccellente, mentre i
ceti popolari sono costretti a mandare i figli nelle scuole pubbliche
rottamate, a curarsi negli ospedali pubblici depauperati, sono già
sono una realtà. Prepariamoci, quindi, a godere sicuramente di una
scuola di massa, composta da individui trasformati in clientes, buoni
ad essere forza lavoro e consumatori secondo il modello
dell’efficienza della scuola ai fini del mercato, una scuola sempre
più povera di risorse e di contenuti, la scuola del fare ancora più
americaneggiante di come impostata dai vari governi degli ultimi venti
anni, buona a sfornare tecnici e operai in cui prevalgono  test e
tasti,che restringono la complessità del sapere a veri e propri quiz,
con meno cultura e con sempre più strumenti informatici , LIM, che
vanno a sostituire libri, gessetti e lavagne che, col latino e il
greco,vanno lasciate solo alle scuole d’elite, meglio se private, dove
fanno ressa i figli della classe dirigente.  Riappare, violentemente e
nel settore che più di ogni altro dovrebbe garantire pari opportunità
e uguaglianza,  la vecchia storia del  genere umano diviso in oppressi
e oppressori che non si è dileguata con la modernità e la
globalizzazione ; lo schiavismo, la colonizzazione, le guerre ancora
caratterizzano il nostro tempo anche in forme diverse e
mistificatrici, ma non per questo meno atroci; ma ora siamo arrivati al
punto più basso con la vergognosa  negazione dei diritti dei più
deboli, i diversamente abili sia con l’aumento del numero massimo di
bambini nelle classi frequentate da alunni con disabilità che con la
riduzione di ore degli insegnati di sostegno annullando per una
miseria il processo di integrazione scolastica. Le varie riforme  sostenute e approvate nella sostanza dai vari governucoli , con la giungla di norme e accordi, nella sostanza negano ciò che La Costituzione sancisce promuovendo la retrocessione dei cittadini e l''annullamento dei diritti acquisiti e uno Stato che contraddice se stesso è di per sè un crimine 

sabato 8 marzo 2014

L’insostituibile valore delle donne

La donna è un essere vivente che esiste ed è sempre esistita, partecipa alla vita, che da la vita. E’ persona, con eguali diritti e doveri.
Chi parla ancora di “QUOTE ROSA”, non fa altro che rimarcare quel confine fra maschio e femmina, in un certo senso collocando la donna nell’angolino oscuro in attesa di una nostra comodità. Paradossalmente, proprio nel luogo dove hanno ottenuto la parità, sono sempre in discussione sul numero da occupare, quasi a ricordare che il potere è maschile. Una sorta di messaggio subliminale che induce l’esterno a ragionare al maschile quando si parla di potere.
Le donne, nonostante le lotte e le formalità, non sono riuscite ad entrare a far parte in misura consistente delle istituzioni politiche rappresentative, quelle donne che negli anni settanta furono individuate come soggetto attivo di una possibile trasformazione rivoluzionaria, sono diventate alleate e complici del capitalismo “disorganizzato”, globalizzato, neoliberista, che le ha “promosse” perché ha capito quanto la polarità femminile fosse funzionale al processo di autoriproduzione del capitale stesso. Una manipolazione culturale e politica spacciata per processo di emancipazione e “liberazione” delle donne, un inganno che ha trasformato il modello della femmina casalinga del capitalismo “stato-assistito” del dopo guerra, in sagoma anticonformista concedendo libertà di costumi in cambio della globalizzazione finanziaria non certo sociale e culturale! Ma l’emancipazionismo non è liberazione, è un surrogato in cui la donna si riduce a consumatrice di merce divenendo lei stessa merce. 
Anche le proteste dei residuali movimenti femminili risultano frammentate e sporadiche, frutto di una disgregazione sociale che ancora non si ricompone in una nuova classe dotata di coscienza, come tutte  le forme di lotta sono destinate a “non disturbare i manovratori”, mentre la popolazione orami ri-plepeizzata e intorpidita dalle anguste dimensioni, in cui si sono ridotti i ruoli della politica e della sua autonomia, non credo nutra interesse per concetti che non siano i legittimati  dal “politicamente corretto”  in cui si inseriscono le interminabili e vuote discussioni sulle quote rosa e sulle celebrazioni della festa della donna, nata dall VIII Congresso dell’Internazionale socialista e poi svenduta al capitalismo, che ha creato martiri, sfruttando un fatto mai avvenuto.

giovedì 6 marzo 2014

I "nostri figli" non ci chiedono questo!

Secondo Renzi "non dobbiamo risanare il debito pubblico perché ce lo chiede l'Europa, ma perché ce lo chiedono i nostri figli". 

Ma "i nostri figli" ci chiedono ben altro! Chiedono un posto di lavoro sicuro; la certezza di veder ricompensate le proprie capacità senza migrare per far posto ai soliti rampolli delle caste, dei clan, dei ceti medioalti; il diritto a una vita dignitosa, che è stato tolto anche ai loro genitori perché nei fatti oggi tutti i diritti sono a pagamento (salute, istruzione ecc.); la sicurezza di non vedere la pensione solo col cannocchiale. 
Se non vedranno nulla di tutto questo sarà proprio perché "ce lo chiede l'europa": quella dei tecnocrati, della troika che ha preso pieni poteri nella vicina Grecia e l'ha ridotta a un deserto di disoccupazione, povertà, vagabondi senza casa, suicidi, debito e ancora debito. 

Frasi paternalistiche così sceme da strumentalizzare i figli possiamo sentirle solo da un falsario come Renzi, imposto dai poteri forti al popolo come capo del governo senza passare dal voto. Ma ancora più falsari sono i giornalisti ufficiali, i mezzi d'informazione, che ogni giorno fanno da cassa di risonanza di martellanti slogan come "sanare il debito", "riforme strutturali", "tagliare la spesa pubblica"…  per abituarci alle decisioni ingiuste che ci rovineranno. 
E quando la verità viene a galla, i mass-media corrono ai ripari. Com'è successo dopo la divulgazione del noto scherzo telefonico all'economista Barca, che ha svelato l'enorme influenza sulla politica italiana di Carlo De Benedetti (industriale del PD, padrone del potente gruppo editoriale Repubblica-Espresso); influenza che si spinge fino a scegliere a chi dare l'incarico di ministro nel governo! 
Così, per settimane, la tv non ha fatto che propinarci talk show, salottini e servizi "di approfondimento" in cui esperti e facce compiacenti hanno minimizzato la portata dell'episodio: non è successo niente, lasciamo lavorare Renzi eccetera. Tutti una stessa voce, a reti unificate.

Ma che in Italia grandi industrie e case editrice-di giornali detenessero più potere persino dei partiti, dovrebbe essere ovvio. Solo che purtroppo, per anni i vari popolo viola, girotondi ecc., ci hanno detto invece che l'informazione "è tutta nelle mani di Berlusconi". 
Dove sono finiti ora gli "indignati"? Sono spariti: quando c'era da scendere piazza contro Monti o contro Letta, non si sono visti. Non lo faranno neanche contro Renzi. Eccolo l'impegno civile di questi cretini, protetti dai partiti e dai veri potenti (come lo stesso De Benedetti): diffondere menzogne e destabilizzare il paese. I loro "cuginetti" sono quei facinorosi che in Ucraina, armati e finanziati dall'America, senza rappresentare il loro popolo, chiedono di entrare nell'Unione Europea. Quella stessa che ha messo in ginocchio già noi e la Grecia!
E queste "grandi masse in rivolta" secondo la nostra tv (in realtà, un pugno di nazisti violenti) hanno messo a ferro e fuoco la capitale del paese, fatto cadere un governo regolarmente eletto e portato al potere la corrotta affarista Yulia Timoschenko, liberandola dal carcere dove scontava la sua condanna. 
C'è da augurarsi che simili scarafaggi vengano subito debellati; per fortuna, questo sembra imminente…

Pasquino

mercoledì 5 marzo 2014

Ai rispettabili candidati sindaci di Bari

Ai rispettabili candidati sindaci di 

Bari

Bari: Città del commercio coi commercianti in crisi, nel primo trimestre 2013 sono state ben 639 le aziende di Bari e provincia che hanno abbassato definitivamente la saracinesca; Bari capoluogo della cultura pugliese coi teatri chiusi; Bari la città dei poveri e degli sfrattati, dei disoccupati, dei pasticciacci sui piani di riqualificazione ( Caserma Rossani! E non solo)  . Bari la città delle ruspe e della cementificazione selvaggia le cui delibere comunali sono tracciate   su proiezioni iperdimensionate mai  conseguite, come la  n.64 del 7 luglio 2008 che liberalizzò ben 11 milioni in aperta contraddizione con i fatti che parlano di  solo  320.000 abitanti ,a fronte degli oltre 600.000 previsti , e per i quali fu prevista una volumetria di 8 milioni di metri cubi dal piano Quaroni,  a cui se ne a aggiunsero in quella sede altri 3 milioni Le giustificazioni distratte e farfugliate si  poggiarono sulla solita demagogia dei diritti dei lavoratori (il jolly che va bene da destra a sinistra) e a atti giuridici e amministrativi varianti piani regolatori, che legittimavano la mega colata di cemento (???) Ciò che invece    è’ sotto gli occhi di tutti è la metamorfosi di  Bari che già nel 97 fu definita città delle periferie dall’architetto Dino Borri , periferie che si estendono sino a raggiungere i confini di altri comuni , che a loro volta seguono lo stesso andamento,  ingabbiando milioni di metri cubi di terreno agricolo deprezzato  anche e per merito di una distratta  leggerezza di quei settori della politica, che avrebbero dovuto vigilare sulle  amministrazioni a tutela dell’ambiente e della salute pubblica. Invece si è continuato  a lottizzare enormi aree in  ossequio alla speculazione edilizia, figlia della speculazione fondiaria   che nei lontani anni sessanta coltivava il sogno dei  CEP al di fuori della città dove convogliare i cittadini della Città vecchia di Bari, Torre Fesca , un quartiere nuovo che sulla carta doveva essere corredato di servizi  e di autonomia pur rimanendo legato al nucleo centrale della città Lo spazio tra il Cep e la città nel frattempo è stato occupato dalla zona industriale la cui realizzazione fu sostenuta da Aldo Moro negli anni 70, sulla scia  del benessere e della glorificazione  dello sviluppo capitalista, le cui forze produttive e tecnologiche, al servizio della massimizzazione dei profitti e del consolidamento del potere, sono cieche e indifferenti rispetto ai danni prodotti sul territorio e al suo valore naturalistico e storico. Il potere e l’enorme massa di denaro che regola le dinamiche speculative edilizie non possono per loro stessa implicita essenza  considerare o dare valore a principi fondamentali che regolano gli equilibri naturali o estetici, né tanto meno considerano che spogliando le fonti originali di ogni ricchezza, si impoverisce  il suolo e la trasformazione degli ecosistemi danno via a   fenomeni naturali catastrofici, verso cui , ormai, abbiamo fin troppa familiarità, intanto  sotto gli occhi di tutti proliferano orrendi edifici eretti su terreni franosi e traballanti
L’ urbanizzazione in continua espansione sembra non impensierire più di tanto nemmeno l’opinione pubblica assuefatta alle ruspe e alla cantierizzazione selvaggia , anche perché questo stravolgimento urbanistico viene dai più interpretato  come occasione di lavoro, non è un caso che la campagna elettorale del 2009  è stata giocata sui 30.000 posti di lavoro dei  600 progetti del piano strategico, riguardanti però tutte le 31 città  dell'area metropolitana.
La vocazione della città di Bari  appare, quindi, indissolubilmente  legata alla sua urbanizzazione alla lottizzazione di aree sempre più vaste, dopo aver  ormai “edificato” il 75% del suo territorio, “con 30 milioni addizionali di mc solo per abitazioni (senza contare uffici e servizi) in larga parte inutilizzati Ombre e penombre sulle quali vorremmo essere rassicurati perché a noi piacerebbe pensare che la nuova amministrazione di Bari sia in grado  di tenere  insieme sviluppo, lavoro  e rispetto del territorio, che le promesse abbiano un loro peso, che i cittadini siano interlocutori credibili non solo in occasioni preelettoralistiche, ma anche quando si decide del loro futuro  e della loro vita.