“Non bisogna avere
fretta nelle risposte, bisogna riflettere bene e a lungo”.
Questo
era il vecchio modo di fare scuola, che si distingueva per la sua
attenzione alla relazione umana tra alunno e insegnante in cui
primeggiava la scuola italiana .
Una pratica educativa
che andava bene in altri tempi, oggi, grazie anche all’apporto
dell’ex ministro Fioroni, che ha introdotto l’obbligatorietà di
un quiz in terza media che pian piano si è esteso a tutti i livelli
d’istruzione , la consapevole cautela con cui si interveniva nel
rapporto formativo con i minori è stata sostituita da una prova
oggettiva asettica che annulla, di colpo, la soggettività non solo
dell’alunno, ma anche dell’insegnante.
Nella completa
disinformazione di genitori e docenti divisi tra scettici, assertivi
e finalmente esplicitamente contrari, la prova a poco alla volta si è
andata arricchendo di invasività, affiancando ai test un
questionario informativo sulla famiglia, desideri aspirazioni, una
vera schedatura di massa, propedeutica alla promozione di un nuovo
modello di società che fa diventare la riflessione sull’ Invalsi
da prettamente didattica educativa, moralmente irrilevanti, a
questione di natura politica. Il nuovo sistema valutativo, moderno ed
europeo, si inserisce infatti come ultimo atto nel duplice processo
di Privatizzazione, con la trasformazione radicale della funzione
storica della scuola pubblica trasformata da servizio in “azienda”
con alunni individui trasformati in clienti , e di Anglosizzazione
utilizzando la proliferazione di test che in un colpo solo hanno
cancellato il valore e la professionalità dei docenti
L’insegnate
tradizionale, prima di tutto educatore, sa benissimo che
l’apprendimento non si può valutare allo stesso modo nei diversi
contesti, per questo ci si confronta e si producono molteplici
offerte didattiche, si cambia idea, si ascoltano gli allievi e le
allieve e si parla con loro.
E che ci
’azzeccano i test a tempo con tutto questo?, che ci
azzeccano con le diversità i quiz? , Niente, se
facciamo riferimento ai principi pedagogici del rispetto e della
valorizzazione dell’individuo nella sua evoluzione, molto,
invece, se i parametri di valutazione diventano funzionali
all’economia signoraggistica e speculativa, che si nutre delle
privatizzazioni, della flessibilità lavorativa, del precariato e
dello sfruttamento. Cosi si giustifica la odiosa discriminazione dei
diversamente abili , non spendibili nel mercato, gli Invalsi
infatti non prevedono prove per questa categoria di giovani
snaturando uno dei principi fondamentali della nostra disciplina
scolastica che interpreta la diversità come valore (L. 517/77
eliminazione di scuole e classi differenziali)).
Ne esce, quindi, un
sistema cambiato che opera sulla manipolazione delle coscienze e
classifica il sistema scolastico a seconda dei risultati Invalsi,
cioè in base al grado di banalizzazione dei cervelli e di esclusione
dei deboli improduttivi, su questi criteri “meritocratici” i
migliori pollai scolastici riceveranno finanziamenti, mandando alla
carlona la nostra Costituzione, che prevede l’intervento dello
Stato lì dove ci sono criticità e debolezze. Basterebbe, a questo
proposito ,avere la pazienza di leggersi i noiosissimi rapporti
Invalsi sulla valutazione degli apprendimenti per rendersi conto che
l’ampia disuguaglianza dei risultati scolastici nelle regioni
meridionali , viene associata all’alta disuguaglianza del reddito
e alle caratteristiche strutturali dei singoli sistemi scolastici; di
conseguenza i figli delle periferie difficilmente potranno
concorrere per ricevere la raccapricciante medaglietta del merito di
“alunno d’ oro o alunno dell’anno”, saranno per forza di cose
condannati sul nascere a frequentare scuole di serie B e,
nonostante il loro impegno e quello dei docenti, avranno un titolo di
studio che varrà di meno
La scuola del futuro è
una ben miserabile realtà , infarinatura di qualche lievissimo
contenuto erogato da testi invalsizzati (“stiamo invalsizzando i
nuovi testi”, tranquillizzano le case editrici), insegnanti
sostituiti da erogatori di servizi educativi , professione di bassa
qualità per la quale l’OCSE fin dal 1996 sostiene che non sia
necessaria una laurea. Muore così la professione docente resa
inessenziale dalla scuola iper –informatizzata, composta da
macchine e maxi schermo, per creare cittadini acquiescenti nel
lavoro e nella società, colmi di “spirito aziendale e di
gestione”, la cui massima flessibilità cognitiva deve essere
quella richiesta dalla impresa capitalista.
“La valorizzazione
del capitale umano deve essere un aspetto centrale: sarà necessario
mirare all’accrescimento dei livelli di istruzione della
forza-lavoro, che sono ancora oggi nettamente inferiori alla media
europea, anche tra i più giovani. Vi contribuiranno interventi
mirati sulle scuole…anche mediante i test elaborati dall’Invalsi
e la revisione del sistema di selezione, allocazione e valorizzazione
degli insegnanti” disse Monti, ma val bene per Letta come per
Renzi, al di là delle acrobazie linguistiche con ingannano le nostre
povere menti testificate...
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