mercoledì 5 marzo 2014

Ai rispettabili candidati sindaci di Bari

Ai rispettabili candidati sindaci di 

Bari

Bari: Città del commercio coi commercianti in crisi, nel primo trimestre 2013 sono state ben 639 le aziende di Bari e provincia che hanno abbassato definitivamente la saracinesca; Bari capoluogo della cultura pugliese coi teatri chiusi; Bari la città dei poveri e degli sfrattati, dei disoccupati, dei pasticciacci sui piani di riqualificazione ( Caserma Rossani! E non solo)  . Bari la città delle ruspe e della cementificazione selvaggia le cui delibere comunali sono tracciate   su proiezioni iperdimensionate mai  conseguite, come la  n.64 del 7 luglio 2008 che liberalizzò ben 11 milioni in aperta contraddizione con i fatti che parlano di  solo  320.000 abitanti ,a fronte degli oltre 600.000 previsti , e per i quali fu prevista una volumetria di 8 milioni di metri cubi dal piano Quaroni,  a cui se ne a aggiunsero in quella sede altri 3 milioni Le giustificazioni distratte e farfugliate si  poggiarono sulla solita demagogia dei diritti dei lavoratori (il jolly che va bene da destra a sinistra) e a atti giuridici e amministrativi varianti piani regolatori, che legittimavano la mega colata di cemento (???) Ciò che invece    è’ sotto gli occhi di tutti è la metamorfosi di  Bari che già nel 97 fu definita città delle periferie dall’architetto Dino Borri , periferie che si estendono sino a raggiungere i confini di altri comuni , che a loro volta seguono lo stesso andamento,  ingabbiando milioni di metri cubi di terreno agricolo deprezzato  anche e per merito di una distratta  leggerezza di quei settori della politica, che avrebbero dovuto vigilare sulle  amministrazioni a tutela dell’ambiente e della salute pubblica. Invece si è continuato  a lottizzare enormi aree in  ossequio alla speculazione edilizia, figlia della speculazione fondiaria   che nei lontani anni sessanta coltivava il sogno dei  CEP al di fuori della città dove convogliare i cittadini della Città vecchia di Bari, Torre Fesca , un quartiere nuovo che sulla carta doveva essere corredato di servizi  e di autonomia pur rimanendo legato al nucleo centrale della città Lo spazio tra il Cep e la città nel frattempo è stato occupato dalla zona industriale la cui realizzazione fu sostenuta da Aldo Moro negli anni 70, sulla scia  del benessere e della glorificazione  dello sviluppo capitalista, le cui forze produttive e tecnologiche, al servizio della massimizzazione dei profitti e del consolidamento del potere, sono cieche e indifferenti rispetto ai danni prodotti sul territorio e al suo valore naturalistico e storico. Il potere e l’enorme massa di denaro che regola le dinamiche speculative edilizie non possono per loro stessa implicita essenza  considerare o dare valore a principi fondamentali che regolano gli equilibri naturali o estetici, né tanto meno considerano che spogliando le fonti originali di ogni ricchezza, si impoverisce  il suolo e la trasformazione degli ecosistemi danno via a   fenomeni naturali catastrofici, verso cui , ormai, abbiamo fin troppa familiarità, intanto  sotto gli occhi di tutti proliferano orrendi edifici eretti su terreni franosi e traballanti
L’ urbanizzazione in continua espansione sembra non impensierire più di tanto nemmeno l’opinione pubblica assuefatta alle ruspe e alla cantierizzazione selvaggia , anche perché questo stravolgimento urbanistico viene dai più interpretato  come occasione di lavoro, non è un caso che la campagna elettorale del 2009  è stata giocata sui 30.000 posti di lavoro dei  600 progetti del piano strategico, riguardanti però tutte le 31 città  dell'area metropolitana.
La vocazione della città di Bari  appare, quindi, indissolubilmente  legata alla sua urbanizzazione alla lottizzazione di aree sempre più vaste, dopo aver  ormai “edificato” il 75% del suo territorio, “con 30 milioni addizionali di mc solo per abitazioni (senza contare uffici e servizi) in larga parte inutilizzati Ombre e penombre sulle quali vorremmo essere rassicurati perché a noi piacerebbe pensare che la nuova amministrazione di Bari sia in grado  di tenere  insieme sviluppo, lavoro  e rispetto del territorio, che le promesse abbiano un loro peso, che i cittadini siano interlocutori credibili non solo in occasioni preelettoralistiche, ma anche quando si decide del loro futuro  e della loro vita. 

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