La trasparenza obbligata sugli stipendi imposta dalla legge del’ex governo Monti ha avuto il “merito” di farci conoscere l’entità degli stipendi dei manager della SPA acquedotto Pugliese, controllata al 100% dalla Regione Puglia. Ne viene fuori che i dirigenti tra stipendi,premi di competenza più benefit (auto) riescono a percepire assegni annui di tutto rispetto, che veleggiano dai 159mila 678 del direttore generale ai 100mila dei vari direttori amministrativi.In buona sostanza i 32 manager di Aqp, tra paga base e premio di risultato costano alle casse della società 3,5 milioni di euro.
Un quadro stridente non solo con la crisi, che devasta la gente comune, ma che sbeffeggia quanto promesso in merito a politiche economiche e ambientali usate come richiamo elettorale; alla fine i privilegi sono rimasti, la burocrazia elefantiaca non è stata sveltita minimamente , mettendo al palo i tanti progetti di depurazione, e tanto meno sono state messe in discussioni le responsabilità dei governi regionali.
Come è ormai consuetudine sul comune cittadino ricade il prezzo più alto non solo in termini di tariffe, praticamente raddoppiate, ma di cinico sfruttamento della buone fede delle persone soprattutto dopo la canzonatura del referendum che ha mantenuto l’acqua sotto il controllo delle amministrazioni locali con i prezzi in continua ascesa a causa della mancanza di soldi …. Ma non ci sono solo gli stipendi elevati a farci riflettere, anche altri dubbi avanzano sull’operato dell’ Aqp, vero monumento allo scandalo sin dai tempi dell’Enel, quando metà del’acqua sottratta alla Basilicata a costo zero si perdeva a causa di una rete idrica colabrodo, sino all’inchiesta Dirty Water del maggio 2012. Quest’ultima ha, tra l'altro, messo in discussione il celebrato mare pugliese in particolare quello prospiciente la provincia Bat per via degli impianti di depurazione fortemente inquinanti, tra cui quello di Molfetta, affidata all’Eurodepurazione s.p.a.e quello di Trani, il quale dopo una gestione a società privata è poi passata alla Pura Depurazione s.r.l.. Per questa vicenda sono stati indagati anche il Dirigente del Servizio delle acque della Regione Puglia e, in via di identificazione, il rappresentante legale dell’Ato Puglia, i quali “pur a conoscenza delle condizioni precarie e gravemente critiche degli impianti hanno omesso ogni forma di controllo, né si sono avvalsi del potere di sollecitare la facoltà di revoca dei contratti di affidamento della conduzione degli impianti” (fonte “Quotidiano 25 maggio 2012 “).
Le ultime notizie bomba riguardano le improvvise dimissioni di Maselli, ex amministratore unico di Pugliasviluppo, successo il 15 novembre 2012 a Monteforte “licenziato” da Vendola per aver espletato oltre 2000 gare per un importo di 1,5 miliardi di euro (Gazzetta del Mezzogiorno), ma più che altro per aver stabilizzato il direttore generale dott.Bianco.
Il dott Maselli, che aveva il compito di mettere ordine tra gli scandali,i ritardi e la confusione imperante , si è concentrato in questi 7 mesi su quello che si può definire il lato più spinoso della questione acquedotto pugliese “i Depuratori”, gestiti dal 1 ottobre 2008 dalla società partecipata Pura Dep, che in questi anni si è avvalsa di copiosi finanziamenti Regionali ed Europei, nonostante i quali restano in piedi ancora le questioni relative agli 8 impianti che scaricano nel sottosuolo, che andrebbero spenti, e i sei casi di scarichi in mare. A questi dati si aggiungono quelli sulla percentuale di popolazione servita dal servizio di depurazione che in Puglia raggiunge il 60% facendoci precipitare al quartultimo posto e all’ultimo posto delle regioni del sud Italia.
Se ne deduce che l’inquinamento dei nostri mari non è solo stato prodotto dagli scarichi abusivi , ma anche dalle acque reflue non depurate con diretta responsabilità di chi ha l'onere di sorvegliare e gestire la rete di impianti. Un verminaio ancora inesploso che giustifica il retro front del dott. Maselli che, in quanto Amministrazione Unico dell’Aqp, dopo essere stato già raggiunto da un avviso di garanzia per il depuratore di Gioia del Colle, potrebbe ritrovarsi a dover pagare per responsabilità non sue . Infatti, più della metà degli impianti sono a rischio di non conformità con la legge. E questo, a parte le conseguenze sull’ambiente, comporta procedure di infrazione a Bruxelles e fascicoli penali. Senza parlare poi del danno di immagine della regione che avendo investito molto sul turismo si deve confrontare con tatticismi e rimandi che ricadranno sul settore economico vacanziero. A questo punto aspettiamo che Vendola, il quale ha trattenuto per se' la delega alla tutela delle acque, si attivi in prima persona e ci rassicuri anche in merito a sentenze civili e amministrative che hanno riconosciuto in favore di alcuni privati degli indennizzi da parte della Regione, proprio per la vicenda dei depuratori.
Adele Dentice
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