domenica 9 febbraio 2014

IO NON SONO STATO


LO STATO NON SIAMO NOI se siamo sottoposti agli Usa in favore di una oligarchia globale dominante, se le Istituzioni statali sembrano più nemici che difensori dei cittadini. Noi non siamo Stato e non lo eravamo nemmeno il 16 novembre del 2011 quando la nascita del governo Monti fu salutata dai media come la salvezza alimentando le speranze di un governo del futuro che ci avrebbe reso un pochettino più autonomi dalla pressione della comunità europea. 

All'epoca c'erano più imprese di oggi e Marchionne non aveva risanato la Fiat, Bel lavoro non c'è che dire, oggi continuiamo ad essere sottoposti alla Europa e alla sua banca centrale che vomita miliardi destinati al sistema bancario impiegati per lo più per bilanciare i titoli tossici o, in minsura minore, i titoli di Stato, decidento chi può averne di più senza alcuna attenzione all'economia reale dei Paesi in difficoltà. Di certo oggi, qui da noi nel Paese di EREHWON, c'è la contrazione del credito che provoca fallimenti a catena e il prosciugamento dei piccoli risparmiatori che si vedono derubati di quei soldi accumulati dopo una vita di lavoro, ma va tutto bene un po' di sacrificio, in fin dei conti un minimo di ripresa c'è, si profila lontano se guardate bene oltre l'orizonte si vede qualcosa, e se non vedete niente è perché si è miopi, incapaci di avere uno sguardo lungo, bisogna pazientare e rimanere calmi nel rispetto della democrazia, che esiste nonostante l'utilizzo della tagliola e di una proposta di legge che ci libererà finalmente dei piccoli partiti (a parte i fedelissimi segugi) e del contraddittorio, quindi fine delle opposizioni e il trionfo del pensiero unico, quello rassicurante che ci garantisce la ripresa.

E ripresa c'è, in effetti, quella dell'aumento della disoccupazione soffocata da quell'infame pareggio di bilancio scaricato sulle spalle dei cittadini poveri, ma questo lo sciame di esperti, che si scontrano nei salotti televisivi o tra gli scranni parlamentari, non ce lo dicono, giocano a fare gli acrobati, con l'insida del flusso di notizie , informazoni pettegolezi teorizzazioni di complotti la cui attendibilità è piuttosto incerta, oppure ci demotivano con la banalizzazione di argomenti importanti quali il fallimento dell'euro.

Ingannati consapevoli lo siamo certo, ma fino ad un certo punto, arriva prima o poi il momento, quando la fame morde e la paura di perdere il futuro è consistente, che si comincia a perceppire he l'obiettivo della crisi non è poi tanto quello di arricchirsi quando di impoverirci, per meglio dominare i nostri pensieri le nostre scelte, per dividerci. La fame morde e l'istinto di sopravvivenza ha spinto studenti, disoccupati mercanti a scendere in piazza coagulati da un cordinamento sfaldato e privo di prospettiva frutto del deserto sociale prodotto dall'incapacità di radicare il conflitto nei territori e di dar spazio ad un programma incompatibile con il sistema attuale.

Celato dal rumoreggiare delle TV e dai proclami della sinistra radical chic ancorata a questa esilarante rappresentazione di democrazia fallita, che ha aperto il fianco a sottomissioni, schiavismo e sfruttamento, correa con la destra neoliberale dei drammi della gente, il malumore generale diventa cosa concreta, e lo dimostra il fatto che nessuno crede più alla favoletta dell'invenzione del lavoro; il lavoro esiste, basterebbe ristrutturare le case, le scuole fatiscenti i paesi alluvionati o terremotati; per anni abbiamo disperso energie in problematiche fittizie, scontri ideologici ridicoli abbarbicati all'autoreferenzialità, oggi fedeli a valori irrinunciabili come la libertà e la giustizia, finalmente via libera all'urlo delle periferie e dei giovani privati di futuro.

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