martedì 12 febbraio 2013

La pernacchia e la protesta


Vorrei votare poiché queste elezioni sono diverse dalle precedenti, perché le cose sono cambiate nel 2011 come nel 2012  con la comparsa di  Monti e del  suo programma scritto dagli organismi sovranazionali per conto dei dominanti globali ,  perché la politica nazionale ha mostrato largamente di non contare più nulla così come timide e di facciata si sono mostrate le opposizioni della Lega e dell’IdV.
Unica anomalia apparente è la presenza della lista M5S, ma la sua relativa estraneità al sistema non è sufficiente per identificarlo come un nucleo di aggregazione di future forze rivoluzionarie, in grado di guidare la trasformazione del paese e di elaborare linee programmatiche nuove e alternative. Pare che anche Beppe Grillo vorrebbe riformare la società, togliere il potere ai politici e amministratori corrotti e dare luogo a un sistema sociale virtuoso in cui i capitalisti sono imprenditori che guardano al profitto ma vogliono anche il bene del Paese, ma il suo programma è parziale e rivela preoccupanti connotati liberisti , poco intuibili  dalla gente comune, abituata a slogan d’effetto, se consideriamo “che il 71% della popolazione italiana si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà e il 20 % possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana” (fonte Corriere della Sera), sono  le stesse persone che, private di strumenti culturali,  si lasciano rassicurare dai  buffoni di corte, che si prendono gioco dei politici, tanto per dare l’idea di una società democratica in cui il Potere sa ridere di se stesso.

Così mi sono così voluta soffermare  su un tema fondamentale  come quello  della scuola, da cui  non possono essere elusi  i principi insostituibili relativi agli aspetti filosofico/pedagogici, come alle problematiche didattico/metodologiche, sino ai temi di natura politico/amministrativa, e alle piccole questioni di pratica quotidiana, aspetti complessi che lasciano quanto meno interdetti   vederli  ridursi ad uno sterile elenco di ovvietà , non supportate  da proposte concrete inserite in un quadro più generale lucido e di spessore.  Così come è formulato il programma elettorale del M5s non dice nulla in materia di  istruzione non raccoglie che alcuni enunciati, secchi e talvolta ambigui. Viene  evocato, a vario titolo, il totem della tecnologia, che per  una volta pare davvero mettere d'accordo tutti, da Renzi a Monti, a Profumo alle tre I della signora Moratti. 

Scandagliando  nello specifico i vari punti la prima questione da sollevare è determinata proprio dal primo in ordine di elenco: cosa vuol dire abolizione della riforma Gelmini? Ipotizziamone la cancellazione totale, il cui costo è stato di 8 miliardi di euro più 140.000 posti di lavoro persi, con  questo intervento recederebbe in un sol colpo la cancellazione del riordino dei cicli con tutta la consequenziale normativa derivata. Insomma precipiteremmo in  un vuoto normativo che traccerebbe la fine della scuola pubblica-statale, a tutto vantaggio delle scuole private parificate e non. E poi con che cosa  si vorrebbe sostituire con un ritorno allo stato quo ante o  si ha un’idea diversa di scuola che non traspare da  nessun elemento del brevissimo elenco del programma, se non una riaffermazione delle linee del ministro Profumo relative all’eccessiva  informatizzazione del sistema scolastico nell’ambito della formazione? 
Sempre in riferimento  all’abolizione della legge 133/08 (triangolazione Gelmini, Tremonti Brunetta) forse chi ha stilato questo 13 punto del programma non sa che  sono stati rivisitati, ordinamenti scolastici (determinazione delle scuole superiori, con creazione di nuovi indirizzi e soppressione di altri; numero di ore di lezione; taglio di alcune discipline; tempo pieno e tempo prolungato, ecc.); rapporto studenti-docente (aumento del numero di alunni per classe); obbligo scolastico, divenuto con quella norma definitivamente obbligo d'istruzione, con equiparazione dell'ultimo anno del biennio delle superiori ad un anno di formazione professionale o addirittura di apprendistato. Insomma la rivoluzione c’è stata ma  catastrofica, durante la quale non mi risulta che Grillo si sia speso più di tanto!
Aldilà della sfilza di dichiarazioni demagogiche, vanno però sottolineati alcuni punti (non del tutto coerenti con le altre affermazioni, ma interessanti): Risorse finanziarie erogate solo alla scuola pubblica (quindi anche le private paritarie- pubbliche) , una dichiarazione risoluta su un problema parità scolastica e fondi ad essa destinati, stridenti con i principi della Carta Costituzionale art.33 e con il principio di laicità, considerato che 1'81% delle scuole paritarie è confessionale. Una linea di continuità che ha visto alleati tutti i vari governi e a quanto pare anche Grillo che nulla ha detto in merito all’attuale legge di bilancio che ha ridotto  il Fondo d’Istituzione scolastica di 47,5 milioni di euro , forse per punire i docenti che non volevano lavorare gratis, riconfermando il finanziamento alle scuole paritarie di 223 milioni di euro .
Gli altri punti del programma, dall’insegnamento gratuito della lingua italiana per gli studenti stranieri, alla adozione dal 2011-2012, del collegio dei docenti esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da internet o mista, sino all’obbligo della lingua inglese dalla prima classe del ciclo della primaria, caratterizzano  imprecisioni dovute alla non conoscenza della normativa scolastica più recente e non solo, ma se fino ad ora abbiamo parlato di peccati veniali ciò che taglia la testa al toro, manifestando la vera volontà massonico-liberista di snaturare  la natura profonda del nostro sistema scolastico e formativo, è l’abolizione del valore legale del titolo di studio (cfr mio articolo "Laurea d’annata"): ipotesi che metterebbe in discussione l'assetto istituzionale del sistema scolastico, perché comporterebbe una "liberalizzazione" (oggi molto di moda) dei percorsi formativi sul modello americano, moltiplicando i "progettifici", senza un progetto culturale nazionale. Verrebbe sfrangiato il sistema nazionale,accentuando le divaricazioni tra scuole e atenei determinando una diversità di valore dei diplomi, legittimando la liberalizzazione dei titoli di studio basata su valutazione di mercato Una operazione oltre che sbagliata alquanto pericolosa, poiché implicherebbe  in sé la discrezionalità del titolo sulla base della sede e dell’anno, nel senso che un diploma del 2004 sarà più appetibile di quello conseguito nel 2012 nella stessa sede  e per lo stesso percorso formativo scolastico o  universitario.
Nell’attesa di tempi migliori non resterebbe che meditare e… studiare!

Adele Dentice

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