giovedì 3 settembre 2015

L'oppio dei popoli

 Le cose si  conoscono, sarà per merito di internet,  non è vero che non si è consapevoli di ciò che sta avvenendo, il problema è che dopo aver appreso ci si disinteressa presi come siamo dai nostri individualismi e assuefatti da quelle vaghe e scombinate nozioni acquisite per lo più dalle fiction (molto fiction e poco veritiere) televisive; i più intellettuali hanno il cervello impastato dai talent show o dai talk show, o peggio dagli inguardabili telegiornali, vere camere ipnotiche, i più critici poi oppongono alla nebulizzazione della conoscenza  le lagne dei bei tempi che furono sfogando le loro malinconie sui social, provando mera soddisfazione  nella quantità dei "mi piace", ahimè  effimeri piaceri che come tali si dissolvono nel giro di un secondo, sostituiti da un bel paesaggio o dalla foto di coppie o comitive sorridenti immersi nel  villaggio turistico di una imprecisata località, disperatamente uguali a milioni di altre sparse per il mondo.
La giustificazione intellettuale e ipocritamente lucida dell'inazione di fronte alla terribile ingiustizia planetaria è la mancanza dei rapporti di forza che possano cambiare le cose, che se è vero per certi versi  ci sarebbe da riflettere sulle ragioni del perché si sia arrivati a tal punto da negare ai figli del benessere, Intontiti e privati della forza del pensiero, la capacità di resistere agli attacchi sempre più violenti del sistema capitalistico.
Già negli anni '80 durante l'era dell'edonismo reaganiano era più che evidente che la società veniva  infantilizzata dalla droga, dalle smanie festaiole, dalle orribili zuccherose serie in TV, dal consumismo sfrenato, condizione necessaria per produrre l' umanità senza spessore critico facilmente manipolabile   a cui viene negato il diritto alla resistenza e all'opposizione di ciò che si ritiene ingiusto. Una società superficiale e materialistica  formata da individui a se stanti che lottano solo per se stessi, in realtà schiavizzati dall'oppio della   nuova religione dell'iper – capitalismo,  che ha sostituito di fatto la religione cattolica, “La Chiesa è stata superata dal mondo e il Potere non ha più bisogno di essa e l’abbandona a sé stessa” affermava nel 1974 Paolo VI (Discorso  del 22 settembre 1974 a Castelgandolfo), e il potere ne ha riciclato il lessico e  le modalità falsamente tolleranti ma violente  e repressive, ci fa percepire il Mercato come entità trascendentale, che non ci fa credere in nulla ma ci obbliga a celebrare i suoi riti.
Nella dialettica dello sviluppo capitalistico, qualcosa però sembra  essere sfuggita di mano a quelli che si ritengono i suoi soggetti attivi e credono di operare  solo per i propri interessi, se da un lato  il processo di omologazione mondiale del mercato, della  lingua, della  conoscenza  è già un fatto in essere, il capitalismo nelle sue dinamiche  distruttive rivolte a ciò che si oppone al suo sviluppo, sta provocando una  crisi ambientale che rischia di essere irreversibile, a cui si aggiungono drammi sociali che stanno lacerando l’umanità intera, la Grecia e un Mediterraneo intriso di morti e  questo esodo biblico di profughi in un Occidente inadeguato e sottomesso a logiche imperscrutabili, che fanno scempio di un Gheddafi mentre  l'ISIS rimane lì a bruciare l'antica terra di Siria. 

Pasquinella

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