mercoledì 30 aprile 2014

CHI SI PIGLIA IL MARE DI PUGLIA?


Da un’ Intercettazione del 10 febbraio 2009 tra De Santis e Giampy Tarantini:  “C’è un tubo che sbarca dalla Grecia a Otranto, che è di Edison, e un altro tubo che sbarca dall’Albania a Brindisi, che è quello su cui stavo lavorando io... La società capogruppo si chiama Tap”, spiegava nel 2009 De Santis a Tarantini parlando del progetto Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto che dovrebbe portare in Europa il metano dell’enorme giacimento scoperto a Shah Deniz, in Azerbaijan, “presso il ministero dell’Industria è stata istituita questa pratica, perché… c’è tutto pronto, bisogna soltanto firmare l’intesa tra Albania e Italia”.. Tarantini si offrì di parlarne con Berlusconi: “Fammi uno schema di cinque righe, gliele do... al ministro dell’Industria... “

A marzo Italia e Albania firmarono l’accordo intergovernativo, che consentì di saltare molti passaggi burocratici per consentire il predominio sul cosidetto “Corridoio Sud” al consorzio Tap a scapito del progetto Igi Poseidon, ideato da Edison (controllata da maggio 2012 dalla francese Edf) e dai greci della Depa e favorito dal governo Prodi nel 2007. 
Se la Tap ha sempre smentito qualsiasi rapporto con i due affaristi su citati, di certo fin dall’inizio Berlusconi ha appoggiato il progetto, come d’altronde Mario Monti ed Enrico Letta. Quindi allo stato attuale, dopo il sì del Senato all’accordo italo-greco-albanese con la sola opposizione di Sel e M5S, la Camera dovrebbe dare l’ok definitivo al gas azero, e i lavori per la costruzione del megacondotto che arriverà a Melendugno, in Puglia, potrebbero iniziare già a gennaio 2015, in modo che l’impianto possa essere operativo nel 2020. 
Il gasdotto di circa 870 km partirà dall’interconnessione con il gasdotto Tanap (Trans Anatoilian Pipeline) al confine greco-turco di Kipoi, attraverserà la Grecia, l’Albania e il Mare Adriatico e approderà in Puglia, presso San Foca di Melendugno (oasi protetta), in provincia di Lecce. La capacità iniziale del gasdotto sarà di circa 10 miliardi di mc di gas all’anno ma potrà salire fino a 20 miliardi di mc. L’azionariato di Tap comprende Bp (20%), Socar (20%), Statoil (20%), Fluxys (16%), Total (10%), E.On (9%) e Axpo (5%). 

In Salento si sta giocando una partita gigantesca, non solo da un punto di vista economico, ma anche geopolitico e sociale, infatti nelle intenzioni di Palazzo Chigi la Tap contribuirà a trasformare l’Italia in una sorta di “hub” europeo del metano, condizione che porterebbe maggiore concorrenza sul mercato domestico e un abbassamento dei prezzi al consumo. Occorre ricordare che la crisi ucraina arriva in un momento in cui nel nostro Paese i consumi di gas sono scesi ai minimi nel 2013 e, per il 2014, si stima la domanda più bassa da 15 anni a questa parte, sembra naturale quindi pensare che l’accellerazione sia stata determinata anche e soprattutto dall’incertezza politica in cui versano sia l’Ucraina da cui passa il gas russo che copre il 28 % del fabbisogno energetico italiano, che dalla Libia. In questa guerra tra le lobby e una eventuale temibile crisi del gas, che secondo l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, “fino all’estate non dovrebbe esserci una crisi di gas nemmeno nello scenario peggiore possibile, cioè anche se non arrivasse nemmeno un metro cubo di gas”, la Tap ha dovuto vedersela con altri giganti suoi pari a partire dalla vecchia idea del gasdotto Igi Poseidon di Edison (approdo nel porto di Otranto), che ha già tutte le autorizzazioni, ma non il gas , per cui si era profilata anche una fusione tra le due , e il “Nabucco”, metanodotto che dal Mar Caspio sarebbe dovuto arrivare fino in Austria, fortemente appoggiato dagli Usa per danneggiare il “South Stream”, promosso da Gazprom, azienda sostenuta da Putin, con la partecipazione dell’ italiana ENI che, passando sotto il Mar Nero, sarebbe dovuto approdare a Tarvisio in Friuli. 

Ora che i giochi sono fatti per il Governo italiano sono incomprensibili i malumori dei pugliesi che dovrebbero essere contenti anzi felici per via degli investimenti che dovrebbero portare a un rilancio del Pil in una prima fase di 290 milioni di euro in più, per poi scendere a 220 milioni. In difesa del progetto contro le proteste pugliesi si è posto il Country manager di Tap Italia, Giampaolo Russo, che ha un passato in Enel, Glaxo-SmithKline, Edison, Arthur D Little e in quell’ex carrozzone pubblico che si chiamava Sviluppo Italia, che ha assicurato sul Sole che “Tap si è fatto carico di un’enorme mole di lavoro per assicurare la costruzione di un progetto in tutta sicurezza, tecnicamente solido e rispettoso dell’ambiente”. “Per tre anni – ha aggiunto – abbiamo studiato il territorio di Brindisi e quattro macro rotte, che non hanno offerto un punto di approdo tecnicamente adeguato e sicuro per l’ambiente. Gli approfonditi studi condotti, ci hanno permesso di individuare il percorso migliore, nel rispetto del territorio, e di identificare il punto di approdo più opportuno a Melendugno”

Ma ci sono voci contrarie e poco entusiaste persino Davide Tabarelli, direttore di Nomisma Energia, esprime seri dubbi in particolare sulla convenienza economica poiché secondo la sua analisi la portata del gasdotto è troppo bassa e gli azeri potranno “scontare” ben poco con effetti irrilevanti sulle nostre bollette. 
Nonostante le rassicurazioni sull’impatto ambientale e le promesse occupazionali, un contro studio di esperti guidati dal prof. Dino Borri (Politecnico di Bari) evidenzia i danni irreversibili sull’ambiente dalla distruzione di migliaia di ulivi millenari, che la Tap assicura di ripiantare (!)all’alterazione dell’assetto idrogeologico dell’oasi protetta della zona di San Foca alla compromissione di specie a rischio come la tartaruga caretta-caretta e vari cetacei che tranquillamente vivono da millenni in questo mare tra i più belli e suggestivi del Mediterraneo. I sindaci e i movimenti ambientalisti e la popolazione temono il collasso ambientale ed economico di una zona che vive prevalentemente sul turismo come il Salento e in genere la Puglia che già subisce le conseguenze devastanti dell’Ilva di Taranto.

La ribellione dei sindaci e dei movimenti ambientalisti NO-TAP ha spinto la Regione Puglia e Tap il 27 dicembre 2013 ad organizzare un confronto tra il sottosegretario allo sviluppo economico Claudio De Vincenti e l’assessore regionale alla trasparenza Guglielmo Minervini e le associazioni ambientaliste che hanno chiesto alla Regione di impugnare l’accordo internazionale , fortemente voluto anche dall’UE che ritiene il gasdotto “opera Strategica”. Il No della Regione Puglia c’è stato, ma val la pena sottolineare che il suo parere, essendo solo consultivo, non ha alcuna influenza sul procedimento di Via nazionale.

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