giovedì 10 ottobre 2013

Almeno c'erano delle speranze

Non c’era materiale, né soldi, solo molta inesperienza e la speranza di farcela. Negli anni trascorsi nelle scuole di periferia, in prima linea c’erano, comunque, grandi soddisfazioni con quei ragazzi così difficili che eludevano qualunque sorveglianza. In ogni caso c’era sempre la speranza di farcela. A distanza di anni in situazioni forse più tranquille rimango sconcertata dalla difficoltà di questi giovani studenti quando si tratta di voler problematizzare la realtà inghiottiti dal consumismo preferiscono imparare a memoria emulando i docenti anch’essi irrigiditi nel loro pensiero, sono stati imprigionati i nostri giovani da una quantità impressionante di cose che appartengono agli adulti sono stati privati degli spazi del gioco e della fantasia. E allora mi chiedo come sarà mai possibile costruire una scuola che dia spazio all’originalità, al pensiero critico? Come sarà mai possibile pensare ad un futuro se la competizione e il merito hanno sostituito il confronto, la collaborazione? Sono valori questi che hanno tempi distesi che richiedono ascolto, fiducia ma stridono con l’idea del mondo globalizzato, massificato e veloce dove ciò che oggi è verità domani ha non più senso, ciò che rimane di concreto è solo l’incertezza. La nostra scuola si è liquefatta all’interno di una povertà assoluta non solo economica e culturale, è la proiezione di un mondo in cui viviamo che ha una fisionomia confusa, effimera. 

Si è spento ciò che di rivoluzionario appariva negli anni ’70, l’abbattimento dei modelli prefabbricati, si è trasformato in tendenze “pedagogiche” prive di riflessione, introduzione di nuove tecniche o nuovi strumenti, ma, per cambiare, c’è bisogno di pensiero, di ricerca del senso sul perché fare delle cose e, soprattutto, scoprire la varietà delle discipline nascoste nelle azioni abituali. Una molteplicità di idee e situazioni che un tempo era ricchezza ed oggi è considerata un intoppo all’organizzazione del tempo e dello spazio miserevolmente sostituita dalla mancanza di confronto. Così gli insegnati si dibattono tra iperattivismo o lassismo, il rigore degli orari annulla ogni spazio sociale e libero e la scuola è sempre più sola nonostante l’approccio interdisciplinare, così sbandierato. Lo spazio pensato per gli studenti in realtà altro non è che una rigida divisione di ambienti privo di calore, come i numerosi laboratori o i progetti di accoglienza o integrazione e così via che stigmatizzano l’enorme distacco tra gli alunni, le famiglie, la scuola. Isolamento e individualismo questo è il triste risultato di una crisi globale che si è abbattuta anche sul mondo della conoscenza e della formazione eppure in tempi di crisi sociale e culturale, si amplifica l’importanza del’educazione come risorsa, ma è un miraggio allo stato attuale siamo incatenati all’inarrestabile deriva globale neoliberista, che considera scuole e università irrinunciabili palestre di sperimentazione delle sue politiche economiche.

Adele Dentice

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